martedì 24 maggio 2011

Del modificare la propria vita

Una riflessione che sempre più spesso faccio e varie volte ho sentito fare è quella che, sostanzialmente, si riassume nella frase “X mi ha cambiato la vita”.

E’ vero che, a meno che non te ne freghi assolutamente niente e lì per lì tu non decida che non fa per te, non è possibile avvicinarsi a una cosa come lo yoga senza che la propria vita venga in parte coinvolta, che si assorbano dei modi di pensare o delle abitudini che, poi, diventano parte integrante della vita quotidiana. Si potrebbe dire altrettanto del buddhismo. E di molte altre idee o pratiche che si incontrano, purchè ci si fermi a guardarle con calma e a indagarle un po’.

Certo, di alcuni incontri si serbano ricordi gradevoli, di altri no. Quando però di una pratica fisica o di una riflessione quel che resta è una grandissima pace interiore, beh, è ovvio che ci si torni, molte e molte volte.

Per esempio, in passato avevo gravi problemi d’ansia e ho tentato, per imparare a rilassarmi, il training autogeno: con un libro e due audiocassette. Beh, resto un tipo ansioso, ma ho trovato un metodo praticamente infallibile per dormire, e anche per entrare di colpo in uno stato di profondo rilassamento. Se non sono proprio sotto estremo stress, con il training autogeno riesco a isolare prima un braccio, poi l’altro, prima una gamba, poi l’altra, e poi il tronco e la testa, e crollare addormentata o mettermi in stand by, con le pulsazioni basse e un gran senso di stabilità.
E siccome è come nuotare o andare in bicicletta, cioè una cosa che il cervello impara e poi non scorda più, ora che lo so fare ogni volta che ne ho bisogno vi ricorro.

Lo yoga e il buddhismo però hanno avuto un impatto differente. E’ come se, da quando ho vissuto quella prima lontana settimana di corso di yoga all’Istituto, tutto il mio essere si fosse permeato di nuovi atteggiamenti. Era già successo prima, con lo yoga e i libri sulla meditazione e la medicina indiana. Però c’è voluta la settimana di full immersion perché le cose cambiassero in modo definitivo.

Mi riesce difficile ricordare come ero prima, ormai, sono più di dieci anni che ho imparato a fare le cose “all’orientale”, a respirare con la pancia, a esaminare le reazioni muscolari del mio corpo, a fermarmi un attimo in silenzio prima di moltissimi gesti del tutto quotidiani. Per dire, non ho mai più preso una tazza di tè come l’avrei presa prima.

Non è qualcosa che si esercita o si provoca pensandoci, riflettendo, imponendoselo come una regola di vita. E’ del tutto spontaneo e sottile.

Non è, come nel caso del training autogeno, qualcosa che si possa vedere esternamente, è più come il germogliare segreto di una pianta. E’ più come una mutazione cellulare inesorabile.

E’ proprio vedere la vita diversamente.

Bene, tutto questo per dire che, ora, il mio percorso ha incontrato un vero e proprio addestramento di tipo filosofico e meditativo, quello richiesto dal corso di due anni a Pomaia, e ora devo, invece, assumere delle abitudini che prima non avevo, perché una parte del percorso buddhista, comunque vogliamo girarla, è un allenamento, e neanche tanto leggero, per raggiungere la chiarezza assoluta delle proprie percezioni.

Stavo per lanciarmi e prendere rifugio a luglio, attratta dalla possibilità di ricevere contemporaneamente due iniziazioni, le sole di cui, al momento, capisca qualcosa e da cui mi senta coinvolta: quella del Buddha Avalokitèshvara e quella di Tara (le manifestazioni maschile e femminile della mente illuminata, rispettivamente nella forma della compassione e nella forma della saggezza).

Purtroppo, per un inghippo legato alla distribuzione spaziotemporale delle giornate, ho scoperto che non potrò. E quindi? E quindi eccomi al punto di prima. Io, i miei libri, file, appunti e cd per studiare il primo modulo del corso, e da aspettare fino al 21 luglio per rimettere piede all’Istituto.

E, come ogni giorno, un quadernetto rosa anguria con una strana Hello Kitty nera sopra, che rappresenta il mio iter quotidiano, mensile e annuale all’interno di questo nuovo mondo di impegni, di riti, di cose da imparare.

E’ solo che bisogna prendere delle abitudini, ahimè, senza il fortificante esempio di altri, senza il supporto di orari e esigenze condivisi, e senza l’organizzazione di una comunità in piena regola.

Non è facile modificare lentamente se stessi, soprattutto se stavolta non si parla di assorbire un modo di essere in maniera impercettibile, ma al contrario di trovare tempi e luoghi per iniziare dei veri e propri esercizi.

La mia giornata buddhista, in effetti, per ora comporta solo il guardare, al mattino, il calendario tibetano, cercando di rispettare le indicazioni, dedicare qualche tempo alla recitazione dei mantra (ma nemmeno tutti i giorni) e di pomeriggio o di sera, appena ho tempo, studiare il buddhismo.

Ma se andassi a vedere il mio quadernetto di Hello Kitty, ci troverei molte altre indicazioni, sia per la giornata nelle sue varie ore, sia per le pratiche di preghiera e meditazione, sia per lo svolgimento di riti mensili come i digiuni della luna o le purificazioni. Tutte cose che, come la famosa ginnastica, come il famoso yoga, come la famosa dieta, se le cominciassi con un po’ di impegno mi farebbero del gran bene, ma richiedono volontà e organizzazione.

Per cui è sempre troppo presto, troppo tardi, ci sono sempre troppi impegni, persone in casa, posti dove andare, problemi vari, etc, e con questo sistema mi sta arrivando luglio addosso e non solo non ho dato neanche l’esame del primo modulo, quello di febbraio, ma sono anche indietro con le pratiche.

Quindi?

2 commenti:

  1. Quindi?
    Quindi?!?
    Non lo so. Tocchi un nervo scoperto.
    Forse il segreto è nel qui e ora. Nell'essere presente in quello che fai. Nell'esserci veramente. Nel respirare. Nell'osservare la mente.
    Già questo sarebbe un bell'allenamento alla pratica. Per il resto... non saprei. A volte la vita non concede subito quello che desideriamo solo per prepararci a qualcosa di più bello ;))

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  2. Ciao, ho cominciato da pochissimo (e per caso) a interessarmi al buddismo, ma forse sono incappata troppo presto in un libro un po' impegantivo "Lungo il sentiero dell'illuminazione", un commento del Dalai Lama ad un poema sulla morte scritto dal primo Panchen Lama.
    Ecco, a parte tutti i termini e i concetti per me ancora nebulosi, ma mi è venuta "l'ansia da prestazione" rispetto alla morte, con tutte quelle cose da tenere a mente durante il trapasso e tutti quei segni da riconoscere!
    Non è che magari avresti un libro da consigliarmi, tenendo conto che sono proprio neofita, cosi' magari comincio un passettino alla volta?
    Grazie mille!

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